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Paura e comunicazione, come gli italiani vivono le emergenze (quelle vere e quelle false)

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  • Paura e comunicazione, come gli italiani vivono le emergenze (quelle vere e quelle false)

    L'uranio impoverito? Fa paura a pi? di 9 italiani su 10. Gli Ogm? La met? ? contraria. La pandemia da nuova influenza A? Nonostante il flop delle vaccinazioni, la maggioranza dei connazionali assicura di avere adottato misure anti-contagio contro il virus H1N1. Sono questi, in sintesi, i risultati di un progetto finanziato dal Ministero della Salute per capire come vengono vissuti nel nostro Paese gli allarmi sanitari.
    Il progetto "Percezione dei rischi per la salute derivanti da minacce ambientali, con particolare riferimento all'uranio impoverito. Costruzione di un quadro di riferimento per la comunicazione istituzionale" - si legge in una nota - ? il frutto del lavoro di un gruppo di ricercatori del Dipartimento di scienze dell'educazione dell'Universit? di Bologna. Gli studiosi hanno analizzato come le persone percepiscono i rischi ambientali e come le istituzioni possono comunicarli al meglio alla popolazione. In particolare, il team si ? concentrato su 3 minacce d'attualit?: uranio impoverito, influenza da virus H1N1 e alimenti geneticamente modificati.
    L'uranio impoverito - emerge dalla ricerca - evoca concetti estremamente negativi come morte, cancro e malattia nel 94% della popolazione italiana, soprattutto fra gli adulti, le donne e i cittadini politicamente pi? schierati. Bench? la maggioranza degli abitanti della Penisola abbia scarse conoscenze in materia, l'uranio impoverito viene giudicato una minaccia grave, spaventosa, moralmente non accettabile, poco controllabile, nota solo alla scienza e agli esperti. In particolare, nei meno informati i timori sull'uranio impoverito sembrano derivare pi? da generiche associazioni con la contaminazione radioattiva dovuta a esplosioni nucleari per cause accidentali (Chernobyl) o guerre (Hiroshima).
    Negli ultimi 20 anni - risulta dal progetto - l'interesse della stampa italiana per l'emergenza uranio impoverito ? stato alto solo in corrispondenza dell'attivit? delle varie commissioni d'inchiesta istituite per far luce sul ruolo della sostanza nelle malattie osservate fra i militari. E dallo studio emerge anche che i media, almeno inizialmente, sono stati gli unici attori dell'informazione in materia. I militari e i loro familiari bocciano infatti la comunicazione istituzionale, accusandola di scarsa tempestivit? e prese di posizioni tardive. Elementi che da un lato hanno minato la credibilit? delle istituzioni stesse, dall'altro hanno contribuito a un'amplificazione dell'allarme e del rischio percepito, rafforzando l'idea che gli attori istituzionali avessero qualcosa da nascondere.
    Secondo lo studio, nella stagione influenzale 2009/2010 caratterizzata dall'allarme pandemia da virus H1N1, quasi due terzi degli italiani hanno adottato contromisure per prevenire il contagio. Ad esempio, il 60% riferisce di essersi lavato o disinfettato le mani pi? spesso di prima. Anche in questo caso, le pi? attente sembrano essere le donne. Chi si ? protetto vaccinandosi lo ha fatto perch? si fidava delle autorit? sanitarie. Inoltre, le raccomandazioni comportamentali diffuse dal Ministero della Salute nei mesi caldi dell'emergenza sono state tanto pi? ascoltate quando maggiore era il sentimento di preoccupazione nei confronti del virus.
    In definitiva, la ricerca promuove le campagne sociali che consigliano il vaccino anti-influenza alle categorie pi? a rischio come ad esempio gli anziani: i dati hanno evidenziato che l'esposizione a un messaggio, costruito utilizzando storie di vita in cui i protagonisti sono simili ai destinatari della campagna, pu? influire sulla percezione della gravit? della malattia e dell'efficacia dello scudo rappresentato dal vaccino.
    Pi? della met? degli italiani, secondo la ricerca, ? contraria al consumo di alimenti Ogm. Un terzo si dice scettico nei confronti della tecnologia che permette di produrre cibi transgenici, pur precisando che se questa si dimostrasse di qualche utilit? per i consumatori, sarebbe disponibile a comprare prodotti Ogm. Infine, chi si dichiara disposto a metterli nel piatto senza problemi la pensa cos? perch? percepisce i possibili vantaggi di questi alimenti. Lo studio rileva tuttavia che per gli italiani ? difficile farsi un'idea propria sugli organismi geneticamente modificati: sulla stampa nazionale, infatti, i discorsi sugli Ogm sono soprattutto ideologici e politici. L'informazione - sostengono i ricercatori - ? frantumata e poco scientifica.
    In conclusione, come si comunica correttamente un possibile rischio sanitario? Gli autori dello studio stilano un elenco con 5 regole d'oro:
    1) Si comunica al meglio conoscendo i processi psicologici e sociali implicati nella percezione del rischio. E' necessario considerare le caratteristiche del rischio che ne influenzano la percezione, i meccanismi psicologici e sociali che entrano in gioco quando le persone devono stabilire se sono a rischio o meno, e il modo in cui i rischi sono ricostruiti socialmente, nei discorsi della gente comune e attraverso i mass media.
    2) Ancora, quando si comunica ? bene conoscere i propri interlocutori e costruire un rapporto di fiducia con loro. La comunicazione ? un processo che coinvolge molti attori. E' importante agire tempestivamente considerando la prospettiva e le preoccupazioni degli interlocutori, dare le informazioni di cui si ? in possesso, limitando al minimo le omissioni e chiarendo i limiti delle proprie conoscenze.
    3) Si comunica correttamente un possibile rischio sanitario sviluppando messaggi efficaci. Occorre usare linguaggi chiari, pensati per i propri interlocutori, evitare tecnicismi e chiarire il significato dei numeri, dosando il ricorso a immagini e analogie. Bisogna mettere i propri interlocutori in grado di comprendere la comunicazione scientifica.
    4) E' utile lavorare coi mass media, mettersi in condizione di usare il potenziale di amplificazione sociale dei mezzi di comunicazione a partire da una conoscenza delle loro caratteristiche e del loro modo di funzionare.
    5) Infine, pianificando e valutando ci? che occorre comunicare. E' fondamentale usare le conoscenze disponibili per comunicare il rischio e costruirne di nuove mentre il processo di comunicazione ? in corso.


  • #2
    Re: Paura e comunicazione, come gli italiani vivono le emergenze (quelle vere e quelle false)

    Ora, ? vero che il DU (uranio impoverito) ha poco a che vedere con la bomba atomica (anzi niente), e che i rischi sanitari che pone sono ristretti alle aree bombardate con ogive rivestite da questa sostanza, che - ricordiamolo - serve per permettere ai proiettili di penetrare le corazze dei blindati o dei bunker 'nemici - ma non direi che si tratta di una 'falsa' emergenza.

    Intanto bisognerebbe capire meglio cosa succede 'sul campo', ovvero nelle zone che sono state disseminate della polvere contenente questa sostanza, per esempio in Serbia, Kosovo, Iraq, Afghanistan e cos? via. Analizzare lo stato di salute delle popolazioni, degli animali, la presenza della sostanza nel terreno, nell'aria e negli alimenti.

    Direi che il problema DU rimane poco esplorato anche dalla scienza ufficiale se non nei casi di personale militare esposto direttamente durante le operazioni belliche.

    Quindi il Du non ? un 'falso allarme', ma semmai qualcosa di cui vale la pena saperne di piu' e soprattutto su come fronteggiarne i possibili danni a lungo termine.

    L'influenza H1N1 2009 ? anch'essa un evento epidemico non del tutto chiarito nelle sue origini e nelle sue conseguenze a medio e lungo termine. Si direbbe che fa parte di quella zona d'ombra della ricerca scientifica che per molti anni ? sembrata poco interessata all'influenza - considerata o poco pericolo oppure talmente complessa da non poter essere affrontata efficacemente.

    E qui mi sembra entri in campo la mancanza di una 'ricerca orientata', 'finalizzata' e finanziata dal pubblico, per la 'difesa' nazionale appunto, dei cittadini e della loro speranza di vita (e quindi degli effetti sull'economia e previdenza).

    Perch? non sempre la ricerca va dove veramente serve e la guida della politica sanitaria (ammesso e non concesso che nel nostro Paese esista ancora qualcosa di simile all'azione 'politica') ? utile nell'indirizzare gli studi verso l'individuazione dei meccanismi ecologici di selezione dei ceppi virali pandemici, di possibili nuove strategie terapeutiche compreso l'isolamento di sostanze antivirali innovative.

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